La stanza delle citazioni
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«Folke suonava il pianoforte e l’organo. Ma soprattutto suonava il grammofono. Suo padre era gentile, generoso. Per i nostri standard, Folke possedeva cose decisamente costose, come il giradischi Tandberg con la puntina in zaffiro al posto delle misere puntine d’acciaio e di cactus di cui dovevamo accontentarci noi. Dal mio grammofono ronzava costantemente una nota bassa che in qualche modo veniva dal motore. Mi dava a volte la sensazione che anche la vita avesse sostanzialmente un simile sottofondo, una lunga nota bassa ronzante di angoscia che era la firma della nostra stessa esistenza.»
Lars Gustafsson (1936-2016), originario del sud della Svezia che fa da sfondo a molti suoi romanzi, è considerato il più internazionale scrittore svedese contemporaneo. Studioso di matematica e filosofia, poeta, saggista, drammaturgo e romanziere fra i più tradotti all’estero, ha insegnato per vent’anni Storia del pensiero europeo a Austin, in Texas. Nei suoi racconti come nelle poesie si riconosce quella vena fantastica, quel gioco dell’erudito che scherza con la propria erudizione, quell’ossessione per il tempo e per l’identità che l’hanno fatto definire il «Borges svedese». In Italia ha ricevuto il Premio Agrigento, il Premio Boccaccio, il Grinzane Cavour e il Premio Nonino. Tra i suoi titoli pubblicati da Iperborea, Morte di un apicultore, Il pomeriggio di un piastrellista, Le bianche braccia della signora Sorgedahl, L'uomo sulla bicicletta blu, Storie di gente felice.
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