Approfondimento
I SEGRETI DELLA VITA AL TEMPO DEI GIARDINI
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I SEGRETI DELLA VITA AL TEMPO DEI GIARDINI
Chiara Valerio recensisce, tra gli altri, «Sulle strade di mio padre» di José Henrique Bortoluci, in un articolo del 25/05/24 pubblicato su Il Foglio.
Olivia Laing si è scelta uno spazio tutto per sé, con i muri ma aperto al mondo, e l'ha raccontato con gli occhi dei giardinieri che lo hanno curato. Il giardino di Umberto Pasti è fatto di cose che, come i fiori, possono seccare o sbocciare. Una passeggiata letteraria tra piante generose, collezionisti impenitenti, spiriti dispettosi e la geografia sentimentale di un padre, in Amazzonia.«Già allora intuivo che il giardiniere viene iniziato a un'altra concezione del tempo, che potrebbe anche suggerire modi per sventare l'apocalisse verso cui sembriamo muoverci. Volevo scavare a fondo e vedere cosa trovavo. Un giardino contiene segreti, lo sappiamo tutti, elementi sepolti che possono crescere in modo insolito o germogliare in luoghi inaspettati. Il giardino che ho scelto aveva dei muri, ma come ogni giardino era interconnesso, aperto al mondo».
A parlare è Olivia Laing nel suo ultimo bellissimo diario, memoir, romanzo, ricognizione storica, critica letteraria, «Il giardino contro il tempo» (il Saggiatore, 2024, trad. Katia Bagnoli), in cui racconta come finalmente ha un giardino tutto per sé e come ne ha studiato la storia e ha studiato le vite di tutti i giardinieri che ci sono passati, e le memorie di chi ne ha scritto - non proprio del giardino forse, ma dei giardini di questa parte del Sussex, come per esempio Sebald - per partecipare di un ciclo di tempo più lungo della vita umana, quello delle piante e delle piante di un giardino, che esercitano sempre a capire quando la generosità e il possesso sono due cose distinte e quando generosità e possesso non lo sono più. Sono riflessioni che partono dalle mura che circondano un giardino.
Smagliante Olivia Laing che - in ogni libro che ha scritto - fa della propria avventura personale, l'avventura dell'umanità che mai ha smesso di studiare la costruzione di un Eden dal quale non sia necessario scappare.
Di giardini ha scritto a lungo e tanto - i libri sono pubblicati da Bompiani - Umberto Pasti che, con l'occhio del giardiniere (tassonomico e curioso), racconta una storia picaresca i cui protagonisti sono un uomo, un collezionista impenitente e uno spirito, duende, ma pure djin, dispettoso. «Pasti in Arabesco» (Bompiani, 2024) racconta l'avventura, come Laing, di ridare vita a un giardino, solo che il giardino di Pasti è fatto di cose che, al pari dei fiori, possono seccare o sbocciare, se ne può perdere memoria e possono essere ritrovate: «Il destino delle cose è imprevedibile come quello degli uomini: basta un niente a deviarne la traiettoria, e devono subire le stramberie e i capricci dei loro effimeri proprietari. A meno che non avvenga l'incontro con qualcuno che le riconosce, le ascolta, le riunisce... ma basta poco, un agguato, l'assalto a una carrozza... il frammento di un tappeto ottomano sballottato qua e là finisce trafitto da un altro ago per foderare un altro zerbino». Arguto e avventuroso.
L'ultimo giardino è l'Amazzonia, «i primi ricordi che ho della foresta amazzonica, dei suoi fiumi e delle sue strade, di popolazioni indigene e rivierasche, mi vengono dai racconti di mio padre. Le storie dei suoi viaggi nella foresta mi hanno aiutato a costruire il mio vocabolario infantile, la mia geografia sentimentale, la mitologia di un padre viaggiatore e di un paese che sembrava infinito». A parlare è José Henrique Bortoluci in «Sulle strade di mio padre» (Iperborea, 2024, trad. V. Branca) che racconta come la tensione degli esseri umani ad addomesticare la natura possa essere fatta di vialetti, cataloghi o strade segnate in una foresta, che racconta come - e gli echi di Annie Ernaux da «II posto» sono tanti - nonostante con gli studi si vada lontano dalle origini e con le abitudini del corpo sia impossibile tornarci, lo si può fare con le parole. Bellissimo.