Approfondimento
Il ritorno a casa di un bambino in cerca del Nord
Approfondimento
Il ritorno a casa di un bambino in cerca del Nord
La recensione di «Il grande Nord» firmato da Massimo Onofri, pubblicata su Avvenire - Agorà il 19 marzo 2024.
Malachy Tallack, scrittore e cantautore britannico quarantatreenne, arriva per la prima volta sulle Isole Shetland a cinque anni durante una vacanza coi genitori, per andare a trovare due zii. Ne ha dieci quando, separatasi dal marito, la madre decide di trasferirsi lì, raggiungendo i fratelli, dall'Inghilterra meridionale: è un momento cruciale, che lacera il bambino in profondità. Leggo tutto questo nelle pagine dedicate alle isole più settentrionali della Gran Bretagna nel bellissimo libro intitolato «Il grande Nord» (pagine 250, euro 18,50) appena tradotto da Stefania De Franco per i tipi di Iperborea. Sottotitolo: «Viaggio intorno al mondo lungo il sessantesimo parallelo».Ha compiuto da poco diciassette anni Tallack quando, in un giorno di «cielo grigio e carico di pioggia», affacciatosi alla finestra della sua camera al secondo piano, che guardava il porto di Lerwick capoluogo delle Shetland, concepisce per la prima volta la sua idea: quella d'un viaggio che avesse per itinerario la circonferenza disegnata dal sessantesimo parallelo, partendo da lì, toccando poi la Groenlandia, il Canada, l'Alaska, la Siberia, San Pietroburgo, la Finlandia e le Isole Åland, la Svezia e la Norvegia, luoghi che danno il titolo ai singoli capitoli del libro, aperto da "La partenza" e chiuso da "Il ritorno". Tutto ciò ci direbbe ancora poco, se si omettesse il fatto decisivo della vita di Tallack, accaduto qualche mese prima: la morte del padre, vittima di un incidente d'auto nel tragitto per andare a trovare la propria madre in ospedale, proprio dopo aver lasciato il figlio a pescare «in riva a un lago nel Sussex, non distante da casa sua». Ecco: «Una parte di me non ha mai smesso di aspettarlo».
Tre sono le ragioni che hanno spinto Tallack lungo il sessantesimo parallelo. La «curiosità»: per luoghi legati tutti in qualche modo, seppure diversamente, alla sua terra, così da imparare a capire «cosa significava viverci». L'«inquietudine»: «una pulsione che mi ribolle dentro e mi spinge a desiderare ciò che è altrove, lontano». Ma soprattutto la «nostalgia di casa» (il cui contrappunto è un «inestinguibile senso d'esilio»), che lo spinge a provare a cambiare il proprio rapporto con le Shetland: «Intraprendere un viaggio la cui destinazione finale, certa, è il ritorno a casa è stato un atto di lealtà. Un impegno che, per la prima volta in vita mia, ero pronto ad assumermi». Una nostalgia, per altro, complicata dal fatto che il giovane Tallack aveva da subito immaginato di non potersi integrare con i nativi: «Secondo i due pilastri dell'identità isolana - l'accento e le origini - io ero un outsider e lo sarei sempre stato».
Ne è venuto fuori un libro foltissimo che moltiplica le storie dentro un paesaggio estremo e ipnotico, in cui lo sguardo di questo narratore esploratore sperimenta i diversi punti di vista, da quello del geografo a quello dell'antropologo, dello storico e del reporter, persino del critico, ovviamente musicale. Siamo in Finlandia: «Mentre lavorava alla Sinfonia n. 5 (...) Sibelius scrisse che il suo adagio sarebbe stato quello "della terra, dei vermi e dell'afflizione". E un giorno, dopo aver visto dei cigni volare, trovò la chiave per il finale della sinfonia: "Il loro verso è uguale a quello delle gru, ma senza il tremolo", scrisse. "Il richiamo del cigno più simile alla tromba [...] Un basso ritornello che ricorda il pianto di un bambino"». Qui cita Sibelius, ma lo scrittore può passare a Jung, dalla musica alla psicanalisi, con la stessa leggerezza e disinvoltura. E che dire di quei passaggi in cui le verità biologiche insorgono - magari in Alaska, per il rumore di un animale che ti prende alle spalle - o la memoria si fa concrezione della natura? Sentite qua: «Come tante altre zone isolate della Scozia, anche le Shetland sono segnate dalle tracce del passato, dalla storia che si è solidificata nel paesaggio. Le pietre, riordinate e ridisposte, hanno in sé le ombre di chi le spostò».
Il ritorno alle Shetland, dopo tanta strada, è affidato a una traversata di diciotto ore dal porto di Aberdeen su una nave da carico: perché il traghetto che la garantisce quasi ogni giorno dell'anno quella volta era in riparazione «nel bacino di carenaggio». Passa più di un anno e c'è tempo per una crisi profonda («il crollo di ogni certezza»), in cui Tallack cambia casa e anche una partner che teneva moltissimo a lui, fino al punto di trasferirsi a Sud dove ricomincia a scrivere. Nel programma radiofonico «The Idea of North» ideato dal pianista Glenn Gould, canadese, fa dire al narratore di nome Wally Maclean queste parole: «Non si può parlare del Nord finché non ci si allontana». In effetti, quando era partito lo scrittore non sapeva cosa sperasse di trovare in quel viaggio. Ora ha capito e rivolge lo sguardo a quel ragazzino «smarrito, addolorato e solo» che «sognava di seguire il parallelo»: «Se potessi gli poggerei le mani sulle spalle. Gli direi che un giorno si sentirà di nuovo intero. Gli direi che, per quanto adesso possa sembrargli impossibile, ritroverà la via di casa».
Malachy
TALLACK
Scheda autore →
TALLACK
Malachy Tallack è uno scrittore e cantautore britannico. Con il romanzo La valle al centro del mondo, apparso in Italia presso Bompiani, è stato candidato all’Highland Book Prize e all’Ondaatje Prize della Royal Society of Literature. Il grande Nord è stato Libro della Settimana per la BBC Radio 4 ed è entrato …