Intervista

«A Sori mi sento davvero a casa. Qui trovo pace, cultura e solidarietà»

Intervista

«A Sori mi sento davvero a casa. Qui trovo pace, cultura e solidarietà»

Data: 25 Agosto 2023

Dagli anni Cinquanta la fondatrice di Iperborea trascorre molto tempo nel borgo. «Il premio che ho ricevuto qui è quello che mi ha commosso di più»

Intervista a Emilia Lodigiani di Andrea Plebe, pubblicata il 12/08/2023 su Il Secolo XIX.

Da casa di Emilia Lodigiani, tra la via Aurelia e il mare, nel verde della collina, lo sguardo abbraccia il golfo di Sori e oltre, verso Genova e verso il Levante. Un paradiso mediterraneo in cui la signora che ha portato in Italia la letteratura del Nord Europa attraverso la sua casa editrice Iperborea, si sente perfettamente a suo agio, con la sua famiglia, figli, nipoti e amici. «A un picnic in spiaggia» racconta «eravamo 32, mentre a una riunione con i miei fratelli, noi cinque e la discendenza, nel Piacentino, siamo arrivati a 54».

La famiglia Lodigiani ha infatti radici piacentine. Da lì partì nel 1906 l'avventura imprenditoriale del fondatore Vincenzo, detto Cento (e oggi un nipote di Emilia porta proprio quel nome e lavora come designer e artista aNew York), ottavo di nove figli, che si laureò in ingegneria e dette vita all’impresa che portava il suo nome, di cui è oggi erede Webuild. Lodigiani costruisce strade, dighe, ponti. Fra questi, quello ferroviario di Recco, distrutto dai bombardamenti. Nell’impresa entrano i figli Giuseppe, “Peppino”, padre di Emilia, e il fratello Paolo. «Fu mio zio» racconta Emilia «ad avere l’idea di realizzare i ponti provvisori in legno. Un lavoro realizzato in sei mesi». Il viadotto ferroviario di Recco viene poi ricostruito in calcestruzzo armato precompresso, usato per la prima volta in Italia.

Con il lavoro, nel 1947 Peppino Lodigiani approda in Riviera. «Sì è subito entusiasmato di questa zona, ha visto Zoaglia, poi la scelta è caduta su Sori» dice Emilia «In quegli anni qui vivevano soprattutto aristocratici e famiglie inglesi, non è un caso che la prima ambulanza di cui è stata dotata la Croce Rossa locale sia arrivata grazie a Amy Carey attraverso una sottoscrizione nel suo Paese». Dei cinque figli di “Peppino”, quattro hanno oggi casa a Sori «e il quinto, Paolo, come casa al mare ha la barca, argomento per il quale scrive anche manuali e portolani».

Natale, Pasqua, ogni possibile weekend, le vacanze estive, hanno segnato il rapporto di Emilia Lodigiani, appassionata nuotatrice, con il borgo marinaro. «Sono più sorese io della maggior parte delle persone che ci vivono oggi» sorride «Prima, soprattutto peri vecchi negozianti del paese, sono stata la figlia di Giuseppe, oggi molti mi identificano come la mamma di Pietro». Di Sori, Emilia Lodigiani apprezza moltissimi aspetti: «E un paese senza alberghi, anche se nel corso del tempo è nato qualche B&B, e quindi chi ha la casa qui è più radicato. La mancanza di grandi strutture ha salvato il paese dall'invasione del turismo che ha colpito altri luoghi. Sori ha un lungo entroterra e nonostante i cambiamenti che ci sono stati non si è esteso molto, ha mantenuto la
sua conformazione».

Un altro aspetto che Emilia Lodigiani sottolinea è quello delle attività culturali: «Ha un cinema teatro che funziona benissimo e anche una stagione di concerti di alta qualità: di recente ho assistito a uno spetta colo dedicato a Maria Callas,un concetto lirico con letture sulla sua vita attraverso le lettere, bellissimo». Con Sergio Maifredi, regista e direttore del Teatro pubblico ligure, Emilia Lodigiani ha collaborato in più occasioni: «Qui è venuto un regista del calibro di Peter Stein a tenere una masterclass, e vorrei avere avuto l’età per partecipare anch'io, e anche Eugenio Barba».

L'entusiasmo di Emilia Lodigiani è palpabile. «Avendo visto molti grandi recitare, in vari teatri nel mondo, posso dire che due dei dieci spettacoli più belli della mia vita li ho visti a Sori, con le con “Le città invisibili” di Italo Calvino, una lettura corale guidata da Gian Luca Favetto con gli Agitatori Culturali Irrequieti Gian dei Brughi e trenta volontari. È stato davvero magnifico, tutto il paese era in scena, si avvertiva davvero il senso di comunità. Una serata commovente, bellissima, con tanto di trofei al pesto e brindisi. E poi ancora un altro progetto di Maifredi, “L’Atlante del Gran Kan - Autobiografie di una città”, in cui Sori diventava Iros e gli abitanti raccontavano il loro rapporto con il paese, un altro spettacolo che annovero fra i migliori che io abbia mai visto».

C'è un ulteriore aspetto di Sori che Emilia Lodigiani apprezza molto: «E un paese in cui la solidarietà si sente e si vede, sono stati accolti rifugiati stranieri, c'è uno spirito di coesione sociale eccezionale». Anche Emilia Lodigiani ha accolto a Milano un rifugiato del Mali: «Io mi sento responsabile di quanto accade, un giorno verremo giudicati per quello che abbiamo fatto. Sono convinta che ci sia un sacco di gente pronta ad accogliere il prossimo, e quando è richiesta la generosità salta fuori».

Quando ha cominciato la sua avventura nell’editoria, Emilia Lodigiani faceva tutto da sola in redazione («Lavoravo 14 ore al giorno, mio marito è stato eroico»), poi è arrivata al massimo a sette collaboratori, oggi lo staff guidato dal figlio Pietro Biancardi ne conta diciassette (il fratello Tomaso si occupa di “The Passenger”, pubblicazione nata nel 2018). Emilia è rimasta come presidente di Iperborea. «Il passaggio di potere è stato totale, una
cerimonia con la colonna sonora della “Ritirata notturna per le vie di Madrid” di Boccherini-Berio. Oggi dico la mia opinione se richiesta e poi faccio manovalanza, correggo bozze, che è il mestiere con cui ho cominciato, e faccio revisioni di traduzioni. La fortuna di Iperborea è che ci sono collaboratori bravissimi, appassionati, ho grande fiducia nelle nuove generazioni, sanno divertirsi ma anche lavorare».

Per aver fatto conoscere la letteratura nordica, Emilia Lodigiani ha ricevuto moltissime onorificenze, ma il premio che l’'ha commossa di più lo ha ricevuto qui, la Scaletta assegnata dagli Agitatori culturali irrequieti: «Mi sono sentita ufficialmente ammessa nella comunità di Sori».