Approfondimento

Venezia da decifrare nel silenzio dell'acqua

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Venezia da decifrare nel silenzio dell'acqua

Data: 9 Dicembre 2021

Una recensione di Paolo Legrenzi a «Venezia» di Cees Nooteboom, apparsa su Il Sole 24 Ore del 28.11.2021

Cees Nooteboom, nato in Olanda nel 1933, è poeta, drammaturgo, grande cronista di viaggi. Ha documentato tre momenti cruciali del secolo scorso: la Budapest invasa del 1956, il maggio francese del 68, la Berlino senza muro del 1989. In questo libro, tradotto in modo impeccabile da Fulvio Ferrari e arricchito dalle foto di Simone Sassen, Nooteboom ricorda i soggiorni veneziani. Ha cominciato quando era giovane e ha continuato per tutta la vita riuscendo a narrare anche quello che non si può descrivere ma solo sentire tramite esperienze dirette.

Venezia è una città delimitata dalle acque come la Berlino di un tempo dai muri. Ha un centro per i turisti che non è tale per i suoi veri abitanti. I cittadini più autentici stanno in quelle che i visitatori considerano periferie, per esempio l'isola della Giudecca. Lì la vita è rimasta per i più (pochi) quella di memorie lontane: famiglie, lavoro, figli che vanno a scuola e giocano per strada. Il centro, invece, è ostaggio di innumerevoli forestieri, da quelli fuggevoli ai ricchi che vi tengono una casa per starci un mese o poco più all'anno. Come nei quadri più famosi di Pollock ospitati alla collezione Guggenheim, Venezia potrebbe continuare idealmente oltre la cornice liquida, e talvolta in effetti continua su altre isole della laguna. Unico luogo della Terra dove si vede una maggioranza di persone che non camminano dal punto A al punto B, ma vagano lentamente per esplorare l'ignoto, vedere come va a finire, tanto poi la strada la si trova sempre pur tra mille sorprese: chi passeggia a zonzo si può trovare bloccato da un canale alla fine di una calle e deve tornare sui suoi passi.

Ho fatto parte delle due università veneziane, una con urbanisti e storici dell'architettura, l'altra con studiosi delle arti veneziane, dalla musica alla pittura. Ognuno di questi specialisti conosceva a fondo la «sua» Venezia, ma non la città degli altri. Come suggerisce il titolo, Nooteboom cerca invece la fusione tra il leone, che rappresenta la nascita e la crescita fortunata e fortunosa della Repubblica, la città multiforme di oggi con la sua quotidianità in mezzo alle opere d'arte, e infine l'acqua da cui tutto è emerso. Nooteboom, dopo tanti anni, soggiorni in case e alberghi di ogni sorta, esperienze, letture, riflessioni, sente di appartenere a una città che si può descrivere in infiniti modi oppure con una sola parola: «singolare, nel senso letterale della parola: singolo, unico». Ammette, però, che mai gli sarà concesso di fare il salto di categoria: «Questa è una città per forestieri. Il gioco consiste nel far durare un secondo di più l'incertezza, nell'essere veneziano per un microsecondo, prima che abbia luogo l'inevitabile smascheramento. Loro da un lato vivono di noi, dall'altro si sentono minacciati dalla nostra massa». Solo per i forestieri esiste la categoria dei veneziani in quanto sono altro da loro. In realtà gli abitanti rimasti, diventando sempre meno, si scoprono diversi gli uni dagli altri.

Venezia è stata grande quando, al pari dell'Amsterdam odierna di Nooteboom, riusciva a far convivere, assorbire e amalgamare gli stranieri. Oggi, purtroppo, se cerchi di mimetizzarti in un bar leggendo il quotidiano del posto, il gioco dell'appartenenza non funziona perché i veneziani sono diventati talmente pochi che si conoscono tra loro.

Nel suo ultimo viaggio Nooteboom finalmente crede di aver scoperto l'essenza della città grazie a Rosella Mamoli Zorzi, un nome che a lui piace mormorare come «Mamoli Zorzi, Rosella», e al suo libro «irresistibile» dove si confrontano le emozioni e i pensieri di Henry James e di Mark Twain di fronte alle opere di Tintoretto e Veronese a Palazzo Ducale. Wonder and Irony si intitola il libriccino: la meraviglia stupefatta di fronte a una perfezione unica da parte di due persone tanto diverse. La meraviglia di una città che è una totalità fatta da «l'accumularsi di cose molto grandi e molte piccole e un'assurda combinazione di potenza, denaro, genio e grande arte». L'ironia è che questa totalità unitaria e assurda si accompagnerà sempre alle inesauribili, e talvolta incompatibili, cornici mentali con cui viene «inquadrata» quando la si studia, la si visita e la si abita. Un sogno: Venezia, e intorno la Terra, e intorno lo Spazio. La Terra è attorniata dallo Spazio come Venezia dalle acque silenziose e Nooteboom si domanda in una poesia della raccolta Addio (2020): «Che rumore fa la Terra / nella casa dello spazio? Ronza, canticchia, / balbetta, piange tra sé senza mai / arrivare". E conclude che il silenzio dello spazio non è il nulla per il Nooteboom poeta: «Il silenzio è come un inno, così non ho / mai ascoltato il nulla».